Reggio Calabria, situata nel sud Italia, è una meta che offre un’esperienza di vacanza unica. Ci sono diversi motivi per cui si dovrebbe prendere in considerazione l’idea di visitare questa bellissima città. In primo luogo, Reggio Calabria è nota per le sue splendide spiagge. Ma ha anche un ricco patrimonio storico e culturale. La città ospita diversi siti archeologici e musei che mostrano il suo antico passato. Il Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria, ad esempio, ospita i famosi Bronzi di Riace, due antiche statue greche scoperte nelle acque al largo della costa di Riace. Queste statue sono considerate uno dei più grandi capolavori dell’arte greca antica. Inoltre, il centro storico della città è pieno di stradine affascinanti, edifici storici e piazze, che offrono ai visitatori uno sguardo sul suo affascinante passato.
Il Museo della Magna Grecia
Il Museo Della Magna Grecia ha sede in un moderno palazzo che sorge nel centro della città, all’estremo nord del Corso Garibaldi, sulla Piazza De Nava. L’esterno del palazzo è ornato da rilievi di medaglioni che riproducono alcune delle 5000 monete raccolte nella preziosa Numismatica del Museo stesso. Il Museo è un importante passo nella diffusione delle informazioni del Magna Grecia, obiettivo del grande archeologo Paolo d’Orsi. Si trovano anche anfore di età arcaica e ancore in ferro e piombo. Si possono ammirare i famosi Bronzi di Riace, che sono i pezzi più prestigiosi del Museo: due grandi statue di bronzo ritrovate causalmente a poca distanza dalla costa calabrese, nei pressi di Riace. Le statue che rappresentano due guerrieri son parte della cultura antica dell’arte greca del V sec a.C.
Inoltre sono conservate numerose testimonianze dell’età preistorica del paleolitico inferiore fino alla prima età del ferro.
I Bronzi di Riace
I Bronzi di Riace del Museo della Magna Grecia di Reggio Calabria sono stati rinvenuti nel 1972 a Riace in prov. di Reggio Calabria. Si trovavano a poca distanza dalla costa e furono rinvenuti da Stefano Mariottini un sub romano. il Sub durante una battuta di pesca vide emergere dalla sabbia del fondale marino un braccio di una delle due statue.
Dopo il recupero da parte dei carabinieri le statue furono trasferite presso il Museo della Magna Grecia di Reggio Calabria dove per anni furono eseguiti interventi restaurativi. In seguito furono trasferiti in Toscana presso il più attrezzato Centro di Restauro della Sovrintendenza Archeologica. Il 15 dicembre del 1980 furono terminati i restauri e rimasero per sei mesi in esposizione presso il Museo Archeologico di Firenze come omaggio alla città per gli interventi eseguiti. Successivamente vennero esposti a Roma e poi trasferiti a Reggio Calabria. Queste opere d’arte sono molto importanti per la città e fanno da richiamo per migliaia di visitatori ogni anno. Risalgono sicuramente al V secolo a.c. L’indagine e lo studio prosegua ancora oggi per conoscere gli autori e l’originale collocazione dei Bronzi di Riace.
Castello Aragonese
Il Castello Aragonese si trova nelle vicinanze dell’ex palazzo di giustizia di Reggio Calabria. Raggiungibile in 5 minuti dal Corso Garibaldi e dal Duomo. Un tempo la sua struttura era molto più ampia ed i suoi sotterranei avevano sbocco sulla spiaggia. La sua origine risale all’epoca bizantina 1027. Per identificare la sua attuale struttura bisogna arrivare all’epoca di Ferdinando d’Aragona, il quale nel 1458 fece costruire le due torri aragonesi.
La sua storia è ricca di lotte, di assedi, di tradimenti e fu tra l’altro il principale rifugio dei greci contro i saraceni. Persino i cittadini reggini si rifugiarono per sfuggire ai numerosi attacchi turchi. Nel 1808 il castello continuò ad essere al centro delle contese tra francesi ed inglesi. Nel 1847 i Borboni lo riedificarono e lo usarono come carcere per i condannati politici. Nel ’60 il Castello fu in mano dei garibaldini. Da due anni il Castello Aragonese è aperto al pubblico ed è quindi visitabile. Spesso vengono organizzate nelle sale interne mostre ed eventi.
Duomo di Reggio Calabria
Il Duomo di Reggio Calabria dedicato a Santa Maria Assunta è l’edificio religioso più grande della Calabria. fu ricostruito dopo la distruzione del terremoto del 1908 sull’omonima piazza, dove presenta la facciata principale orientata verso il mare.
Il Duomo di Reggio Calabria ha facciata ricca di decorazioni e di marmi è caratterizzata da quattro piccole torri traforate poste in cima. Sui lati della scala ci sono due statue: San Paolo e Santo Stefano da Nicea. Non passano inosservate le tre porte d’ ingresso rifatte in bronzo. La porta sinistra dedicata alla Madonna della consolazione. La porta Centrale dedicata ala XXI congresso Eucaristico rappresenta alcuni episodi importanti come l’annunciazione, la natività, la crocifissione.
La porta di destra rappresenta in sei scene la vita da San paolo. L’interno è a tre navate. La Cappella del sacramento è il monumento barocco più importante della città. All’interno del Duomo si trovano tele di autori siciliani del 1600 e molteplici opere di oreficeria, tra questi il bastone vescovile, un calice ed un vaso d’oro massiccio. Presso la cattedrale vi è il Museo Diocesano, dove di trovano oggetti arredi sacri.
Museo San Paolo
Il Museo nasce – dopo almeno una ventina d’anni di gestazione (il primo atto costitutivo della Fondazione che oggi regge il Piccolo Museo è del 1972, poi rinnovato nel 1981) – nel 1992, anno della sua inaugurazione e apertura al pubblico, rappresentando da subito, con l’esposizione delle opere raccolte in tutta una vita da Mons. Gangemi, una delle realtà artistiche e culturali più importanti della città e della Calabria intera.
Le collezioni del Museo riflettono, nella loro eterogeneità, il gusto estetico del suo Fondatore che non si lasciava guidare, nelle sue scelte, da altri criteri se non quelli del bello e dell’amore per la sua città. Ad essa il Museo è dedicato e offerto e di essa il Museo parla, raccogliendo testimonianze e oggetti d’arte del territorio che coprono la sua intera storia, dal periodo della Magna Grecia a quello bizantino, dall’età medievale a quella contemporanea. Ma le opere hanno respiro internazionale, sia per provenienza sia per interesse; e toccano effettivamente ogni settore dell’arte, raggiungendo in ciascuno di essi livelli d’eccellenza: dipinti, icone, sculture, argenti sacri, avori, tessuti, libri antichi, monete, pezzi archeologici. Le collezioni si articolano in due semplici sale, con un’esposizione che permette comunque al visitatore di godere delle oltre 1000 opere della Fondazione, tutte visibili al pubblico, nell’attesa di poter usufruire di una sede più ampia.
Le Icone
La sezione delle icone rappresenta, con i suoi 180 esemplari, una delle collezioni più importanti d’Italia e permette al visitatore di entrare in contatto con il mondo della spiritualità e della cultura bizantina, che in Calabria ha lasciato un’impronta indelebile, caratterizzando il periodo che va dal VI all’XI secolo. Le icone sono in primo luogo oggetti liturgici e solo in seconda battuta opere d’arte, vere e proprie preghiere che gli iconografi elevano a Dio, seguendo ciascuno un proprio stile, ma rispettando i canoni tipologici fissati nei secoli.
Le icone del Museo San Paolo vanno dal XVI agli inizi del XX secolo e provengono dai paesi orientali dell’Europa, in prevalenza dalla Russia, evocando tuttavia il legame profondo che la cultura bizantina ha, come si accennava, con la terra di Calabria, e che questa mantiene ancora oggi nei suoi culti e nelle sue tradizioni. Trova posto, inoltre, una piccola icona di origine calabrese, proveniente dalla vallata del Tuccio.
Non esiste un criterio unitario che presieda alla raccolta: il fondatore si basava solo sul proprio senso estetico e sulla propria sensibilità spirituale che gli faceva cogliere in un’opera la tensione verso il divino. Per questo le icone sono di provenienza e valore artistico diverso.
Tra di esse ricordiamo quelle raffiguranti la Madonna col Bambino nelle diverse tipologie: la Madre di Dio “Tichoniskija” del secolo XIX, variante dell’Odigitria, nel tipico gesto di indicare il Bambino, strada da seguire per raggiungere la salvezza; la “Fjodorovskaja”, pure del secolo XIX, del tipo della tenerezza, con rivestimento d’argento dorato e intarsi di smalto policromo; La Madre di Dio “Tricherusa” (dalle tre mani), a cavallo tra XIX e XX secolo, che ricorda un miracolo che la Vergine fece a S. Giovanni Damasceno durante le lotte iconoclaste, di ambito russo come le precedenti.
Quindi le grandi icone del Cristo: il Pantokrator (Colui che in sé contiene ogni cosa), creatore, redentore e giudice, ritratto con abiti in broccato rosso a girali d’oro molto preziosi ad indicare la sua regalità, da collocare tra XVIII e XIX secolo, icona che rappresenta il centro del gruppo iconografico detto Deisis (intercessione); il Mandilion del XVIII secolo, icona balcanica con i due arcangeli Michele e Gabriele che dispiegano la sacra tela con il Volto di Cristo, a ricordo della guarigione del re di Edessa, sanato dalla lebbra proprio dalla tela con impresso il volto di Cristo, che fa il paio con l’altro di scuola russa tra XVIII e XIX sec.
Ricordiamo poi le icone di grandi santi e profeti: in particolare, un tondo con l’abbraccio dei santi Pietro e Paolo, i due apostoli che diffusero il Cristianesimo nel mondo, proveniente da Creta, del XVII sec., che sottolinea la Concordia Apostolorum, nonostante diverse visioni della fede; un S. Giovanni Battista proveniente anch’esso da Creta e anch’esso del XVII sec., il santo più venerato nell’ambito della tradizione bizantina, nel quale il monachesimo ha visto proprio il prototipo del monaco, che porta la propria testa mozzata su un vassoio; un S. Giovanni Evangelista in silenzio (con la destra si tocca le labbra a significare la custodia della Parola di Dio), icona russa del XIX sec. firmata dall’iconografo Sergio Denisov; molte icone riguardano S. Nicola di Myra, uno dei santi più venerati in Oriente, il cui culto è diffuso anche in Calabria, S. Giorgio a cavallo, il profeta Elia, i Tre Gerarchi S. Giovanni Crisostomo, Basilio il Grande, Gregorio il Teologo. Notevole è una grande icona bulgara raffigurante S. Michele Arcangelo, con spada, mantello e corazza, l’arcistratega delle milizie celesti, da sempre simbolo della lotta del bene contro il male, da collocare tra XVI e XVII secolo.
Infine le icone delle feste della tradizione ortodossa: oltre ad alcune tavole con la tipologia del Dodecaorton, raffiguranti al centro la Resurrezione, centro della fede cristiana, e ai lati le dodici feste che percorrono il piano della salvezza posto in atto con l’incarnazione, vanno menzionate un’icona russa raffigurante l’Ospitalità di Abramo del XIX secolo, sul modello della famosa icona di Rublev e un dittico con una bellissima Annunciazione, icona cretese del XVI-XVII secolo.
I Dipinti
Questa sezione comprende un numero notevole di opere, oltre 130 tra tele e tavole, dal XV secolo fino ai nostri giorni, con alcune di esse che spiccano per rilevanza artistica. Si tratta del settore che forse più degli altri necessita di studi appropriati, per poter acquisire una maggiore certezza sulle attribuzioni. Peraltro, la pregevolezza della fattura di alcuni dipinti è del tutto evidente.
Diamo uno sguardo alle opere più importanti: una grande tavola di S. Michele Arcangelo che uccide il drago è stata oggetto di numerosi studi, con alcune attribuzioni importanti, come quella ad Antonello da Messina, per la possibilità di corrispondenza con quella menzionata in un atto notarile del 1457 in cui la Congrega dei Gerbini di Reggio commissionava ad Antonello un gonfalone. Le recenti analisi del materiale e della tecnica pittorica, condotte dall’Istituto Centrale per il Restauro di Roma nel 2005, hanno confermato la datazione al XV secolo e dunque l’assoluta rilevanza della tavola, definita “l’esempio più importante di pittura tardo gotica in Calabria”, anche se resta dubbia l’attribuzione ad Antonello. Il volto dell’Angelo manca, essendo stato sfregiato a colpi d’ascia nel corso di una scorreria dei Turchi nel XVI secolo, successivamente ridipinto e definitivamente eliminato in fase di restauro da parte della Sovrintendenza di Cosenza nel 1974.
Di grande rilievo una piccola tavola del XV secolo, recentemente attribuita a Giovanni Bellini, con una splendida Madonna in adorazione del Bambino dormiente, modello compositivo molto fortunato del pittore veneto e della sua scuola. Ancora su tavola è un grande dipinto dell’inizio del XVI secolo, raffigurante S. Francesco che riceve le stimmate, attribuito a Vincenzo da Pavia, pittore attivo nell’Italia meridionale. Un pregevole bozzetto raffigurante Mosè che dà le tavole della legge al popolo ebraico, anch’esso su tavola, dovrebbe essere stato utilizzato da Giulio Romano per un grande affresco nelle Logge Vaticane.
Tra le tele, bellissime e molto intense quelle rappresentanti S. Giuseppe col Bambino, S. Andrea, S. Francesco di Sales; poi una Sacra Famiglia, una Visitazione, alcune tele con la Maddalena penitente. A tali opere sono stati accostati in passato nomi di autori di grande fama, da Guido Reni a Jusepe Ribera (lo Spagnoletto), da Andrea del Sarto a Francesco Ubertini (il Bachiacca), al Salimbeni. Queste ipotesi, evidentemente da verificare, testimoniano comunque della qualità della pinacoteca del Piccolo Museo.
Vanno ancora ricordati alcuni dipinti di scuola napoletana, Agar nel deserto e il Sacrificio di Isacco, altri di scuola fiamminga (tra questi notevole una Flagellazione e un Volto di Cristo), una Scena di battaglia, dove si è vista la mano di Giuseppe Cesari (il Cavalier d’Arpino), una Madonna della Misericordia di reminiscenze pretiane, oltre a due dipinti locali, L’estasi di S. Teresa di Sebastiano Conca e un’Addolorata di Antonio Cilea.
Di non minore pregio sono il settore degli argenti, che comprende più di 200 pezzi tra calici, ostensori, turiboli e navette dal XV al XX sec., e quello delle sculture, in gran parte risalenti al periodo medievale, con diverse opere provenienti dalla provincia reggina e dalla vicina Sicilia.
Il Piccolo museo S. Paolo comprende anche notevoli pezzi di archeologia, una collezione di numismatica con monete che datano dall’antica Magna Grecia ai nostri giorni.
E ancora: una biblioteca con incunaboli e oltre 130 cinquecentine; una serie di avori davvero splendidi, tra i quali spicca un grande crocifisso del XVI-XVII secolo e una Madonna del periodo gotico francese.
Il patrimonio della Fondazione, oltre che dalle opere d’arte, è formato dai beni immobili e mobili menzionati nell’atto costitutivo ed è stato successivamente incrementato.
Pinacoteca Civica
La Pinacoteca Civica di Reggio Calabria si trova presso l’edificio del Teatro Cilea, sul Corso Garibaldi. Comprende molte opere pittoriche di proprietà del comune sparse in altri musei ed uffici.
Inaugurata nel 2008, custodisce opere pittoriche di artisti prevalentemente meridionali. Tra le opere più importanti ci sono le due tavolette di Antonello da Messina che rappresentano Gli angeli apparsi ad Abramo e San Girolamo in Penitenza. Merita attenzione una grande tela di 216 cm x 231 cm del 1656 dell’artista calabrese Mattia Preti, l’opera rappresenta il “Ritorno del Figliol Prodigo”. Inoltre opere importanti di artisti del 1800 e quadri della scuola napoletana tra cui un ”Cristo e l’adultera” di Luca Giordano nato a Napoli nel 1705.
Ci sono anche 250 opere che provengono da Palazzo San Giorgio datate tra il 1800 e i primi del ‘900. Tra i pittori Calabresi Raffaele Ursini, Vincenzo Cannizzaro, Annunziato Vitrioli, Vincenzo Jerace, Enrico Salfi ed altri . Tra quelli non Calabresi Giovanni Brancaccio, Renato Guttuso,, Beppe Guzzi, Giovanni Omiccioli, Manlio Gianrizzo ed altri. Nella pinacoteca si trovano anche sculture di artisti calabresi come Giuseppe Jerace, Saverio Gatto, Concesso Barca, Pasquale Panetta, Nino Zucco
Le Mura Greche di Reggio Calabria
La città di Reggio Calabria ha perduto per sempre molti dei suoi monumenti a causa dei movimenti tellurici del 1908. Gli scavi per la ricostruzione della città hanno portato alla luce interessati siti risalenti alla Magna Grecia, cioè le aree del Sud Italia che furono anticamente colonizzate dai Greci. Tra il IV ed il VII sec. I greci comparvero in Calabria, in Basilicata, Campania e Puglia. Il flusso migratorio fu dovuto all’incremento della popolazione greca e d alla magra produzione agricola che non bastava per il sostentamento della popolazione greca.
Altro motivo plausibili che fecero approdare in Calabria le genti greche è l’interesse allo sviluppo delle attività commerciali in nuove terre. Gente originaria di Calgide fondarono le città dello stretto: Zancle(Messina) e Rhegion (Reggio). Le mura greche della Via Marina di Reggio risalgono presumibilmente al IV secolo a.C., quando Dionisio il Giovane ricostruì la città dandole il nome di Febea. Si tratta di mura che furono costruite con mattoni pieni poggianti su fondazioni di pietra tenera locale. Con molta probabilità fu dato ai privati di costruire le mura, lo si deduce dalle incisione ritrovate sulle pietre. Le mura greche si trovano sul lungomare di Reggio e sono raggiungibili anche dal corso Garibaldi, da una traversa in discesa verso mare in Piazza Camagna.
Terme Romane
Le terme romane sul lungomare di Reggio Calabria sono venute alla luce durante i lavori di ricostruzione della città distrutta dal terremoto del 1908. Trattasi di vasche termali per bagni freddi e caldi e ambiente utilizzato come spogliatoio, pavimentato con mosaico bianco e nero. Le terme dovevano essere alimentate o da un pozzo locale, ma anche verosimilmente da un acquedotto, vista la vicinanza con il porto antico e con l’area del foro, anche se non risulta evidente la presenza di un canale o di una cisterna di raccolta.
Chiesa di San Giorgio
Si trova sul Corso Garibaldi sull’omonima piazza e nelle vicinanze del Tapis roulant . Dedicata al Santo patrono della città, appunto San Giorgio. La chiesa volge il suo ingresso principale un po’ arretrato rispetto al corso Garibaldi ed è caratterizzato da un arco di trionfo romano che si poggia su due robusti pilastri ed è sormontato da una trabeazione ed un timpano coronato da una croce. Nei pilastri che reggono l’arco di trionfo vi sono inseriti dei bassorilievi in marmo raffiguranti scene di guerra e simboli religiosi. La struttura originale del ‘500 distrutta dal terremoto del 1908, fu sostituita dall’attuale edificio su progetto di Camillo Autore ed inaugurata nel 1935 alla presenza del principe Umberto di Savoia. La pianta a croce latina è a navata unica con quattro cappelle per lato. La cupola si erge su quattro arcate. Il tempio è l’esempio più significativo di riproposizione di architettura classica dopo il sisma del 1908.
Chiesa Cattolica dei Greci
La Chiesa Cattolica dei Greci a Reggio Calabria si trova in via Aschene, nelle immediate vicinanze del Castello Aragonese e dalla omonima piazza. Raggiungile dal Corso Garibaldi sorge tra la via Aschenez, Filippini e Giudecca. Rapprensenta la principale chiesa di culto di Reggio dal 1876, fu poi danneggiata dal sisma del 1908 e restaurata nel 1954 fino al 1957. La chiesa ha pianta a croce la latina ed internamente a tre navate. Le laterali sono separate dalla centrale da arcate a tutto sesto. Le pareti sono decorate da lesene in marmo con capitelli rinascimentali in gesso sormontati da un’alta trabeazione. Molto bello il portone d’ingresso in bronzo dorato , opera dell’artista reggino Giuseppe Niglia. Il portone alto 6 metri comprende due ante con otto formelle decorate, quattro per anta.
Chiesa di Sant’Agostino
Si trova a circa 300 metri dalla Stazione centrale e da Piazza Garibaldi. Sorge sull’omonima piazza. L’edificio si avvicina stilisticamente ai caratteri romanici e bizantini e risulta singolare per le numerose cupole sulle navate, sull’abside e sul campanile. E’ interessante visitarla per la ricchezza del suo interno suddiviso in tre navate. Di pregio il dipinto di Sebastiano Conca del XVIII sec raffigurante la Madonna della Cintura posto sulla navata di sinistra. Bello l’altare maggiore illuminato da i lampadari in ferro battuto.
Chiesa degli Ottimati
Si trova nelle immediate vicinanze del Castello Aragonese e dalla omonima piazza. Raggiungile dal Corso Garibaldi a piedi in pochissimi minuti. Ciò che colpisce è la cupola bizantina dal colore rosso. Il piccolo edificio, che è simile alla Cattolica di Stilo, fu ricostruito nel 1931 mantenendo lo stile originario. La pianta è a tre navate divise da colonnato, di notevole interesse quattro colonne di marmo greco. Il bel pavimento a mosaico romanico-normanno proviene dalla chiesa roiginaria. Belle le volte a crociera sorrette da colonne. La chiesa originaria fu probabilmente eretta ne X sec.. Fu distrutta ed incendiata durante un’incursione saracena nel 1594.
Il suo nome si deve alla congregazione di nobili fondata dai normanni. All’interno infatti trovano gli stemmi di nobili famiglie reggine: Filocamo, Altavilla, Griso e Borboni.